di Antonio Romano
Pubblicata il: 13 Marzo 2016
Inutile negarlo: la partecipazione all’assemblea di condominio rappresenta per ogni condomino un momento spesso percepito come spiacevole; nella migliore di tutte le ipotesi è ritenuto una sorta di perdita di tempo, nella peggiore un momento di aspro e stressante confronto tra condomini o con l’amministratore. Non va molto meglio cambiando prospettiva, perché anche l’amministratore si trova in una posizione difficile, trovandosi a dirimere conflitti, a giustificare le proprie strategie di gestione, a considerare le perplessità anche se “sopra le righe” di alcuni dovendo però fare in modo che le decisioni vengano prese e la complessa “macchina” della gestione condominiale funzioni senza intoppi. Nessuna regola impone all’amministratore di partecipare all’assemblea, per quanto la sua presenza viene data per ovvia, trattandosi del momento topico dello svolgimento del suo mandato. Diverso è il discorso per i condomini, molti dei quali sono abituati a non presenziare per molti motivi, dagli impegni lavorativi o famigliari, alla stanchezza, alle asperità dei rapporti personali. La prima regola di una gestione ben funzionante è invece proprio la partecipazione attiva dei condomini. I proprietari partecipano all’assemblea ed in tal modo – solo in tal modo – le volontà singole si trasformano in volontà collegiali, vincolanti per tutti. L’amministratore ha certamente importanti funzioni di gestione dell’edificio, alla stregua di un vero e proprio “manager”, è il legale rappresentante del condominio e agisce a tutela dei diritti di tutti i condomini sui beni comuni, ma ha un’autonomia limitata: è l’assemblea che ha il potere prendere decisioni per conservare e adeguare i beni comuni. Inoltre l’assemblea è l’organo che dà e toglie fiducia all’amministratore, il quale deve annualmente rendere il conto del proprio operato ai condomini riuniti in assemblea, dando conto di come ha speso i loro soldi. Spesso i condomini hanno l’impressione di essere governati dall’amministratore, come se, una volta ottenuto il mandato dall’assemblea, il suo potere gestionale fosse illimitato e non mancano amministratori che, poco opportunamente, considerano la convocazione dell’assemblea come un impegno solamente burocratico: la legge invece ha congegnato un sistema in cui l’assemblea è il vero gestore dei beni comuni, che si serve dell’amministratore come un professionista esperto al proprio servizio. La riforma del condominio ha inciso in modo significativo su questo aspetto, rafforzando e razionalizzando gli strumenti di cui l’assemblea dispone per adeguare l’immobile alle esigenze dei condomini e per rendere efficiente il controllo della gestione. Diamo quindi uno sguardo da vicino alla partecipazione all’assemblea. Non è obbligatorio partecipare all’assemblea: ogni condomino può decidere di essere assente oppure, se preferisce, può delegare un altro condomino a partecipare al suo posto, come pure, eventualmente, il proprio inquilino e può essere delegato anche un estraneo al condominio. La delega, dopo l’entrata in vigore della riforma del condominio, deve sempre avvenire in forma scritta. Dal punto di vista della tutela della privacy, chi partecipa, fosse appunto anche un estraneo al condominio, deve essere consapevole che viene a conoscenza di dati che, sebbene non siano “sensibili” nel senso tecnico – giuridico del termine, sono comunque riservati e non possono essere oggetto di diffusione. Chi è presente in assemblea per delega è presente a tutti gli effetti, ma occorre ricordare che non è possibile vincolare la delega, cioè non si può imporre al delegato il voto che deve esprimere: indicazioni di questo tipo, anche se documentate per iscritto, hanno valore solo nei rapporti tra delegante e delegato e non hanno effetto in assemblea. Il regolamento di condominio ed ora la Legge di riforma del condominio impongono alcuni limiti al numero di deleghe di cui ciascuno può disporre: in particolare, la legge di riforma del condominio impone all’amministratore di non accettare deleghe del tutto (art 67 comma 5 Disp Att Cod Civ). Per garantire la collegialità delle assemblee, inoltre, è stato stabilito che se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e dei millesimi (art. 67 comma 1 Disp Att Cod Civ): esistono quindi limiti precisi in relazione al numero di condomini che possono farsi rappresentare da una stessa persona. Non esistono invece limiti per quanto riguarda il numero di condomini che possono avvalersi della partecipazione all’assemblea per mezzo di un rappresentante, ma occorre ricordare che il proprietario di più unità immobiliari può conferire una sola delega. In ogni caso, il soggetto delegato non può a sua volta “subdelegare” e quindi non può delegare altri soggetti alla partecipazione in assemblea. Nell’ipotesi in cui un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’art. 1106 Cod Civ (art. 67 comma 2 Disp Att Cod Civ), cioè dalla maggioranza di loro calcolata secondo il valore delle rispettive quote: la norma è tra quelle oggetto di modifica ad opera della riforma del condominio ed il presidente dell’assemblea non ha ora più il potere disporre il sorteggio tra i comproprietari, in caso di disaccordo, per stabilire chi avesse la possibilità di partecipare all’assemblea con diritto di voto. Nelle ipotesi di supercondominio, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con il voto della maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno 2/3 dei millesimi – in mancanza, si può chiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria – il proprio rappresentate all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. La partecipazione all’assemblea di supercondominio per mezzo di un rappresentante vale però solo per quelle ipotesi specificamente previste dalla legge: negli altri casi valgono le stesse regole delle assemblee condominiali. La partecipazione all’assemblea spetta quindi in primo luogo ai proprietari: l’amministratore deve pertanto provvedere alla convocazione di tutti i proprietari anche di quelli che rappresentano una quota millesimale esigua; deve rivolgersi al “vero” proprietario della porzione immobiliare e non al condomino “apparente”, colui cioè che si sia comportato come tale senza esserlo (Cassazione sentenza n. 574/11). La partecipazione all’assemblea si riflette sul tema della corretta convocazione: la mancata convocazione di taluno degli aventi diritto rende infatti la delibera annullabile (Cassazione SS.UU. sentenza n. 4086/05) La legge di riforma del condominio ha introdotto importanti innovazioni anche in relazione alla convocazione per la partecipazione all’assemblea di condominio. Il nuovo testo dell’art 1136 comma 6 Cod Civ e dell’art 66 comma 3 Disp Att Cod Civ non fanno più riferimento ai “condomini” come destinatari dell’avviso di convocazione dell’assemblea, ma appunto agli “aventi diritto”. Tutti i commentatori hanno ritenuto che questa modifica nel testo delle norme in questione sia da intendere nel senso per cui, a partire dalla data di entrata in vigore della legge di riforma del condominio, anche i conduttori devono essere convocati dall’amministratore di condominio a partecipare all’assemblea condominiale nelle materie di loro competenza. “Aventi diritto a partecipare”, sono, in effetti, non solo i proprietari, ma tutti coloro ai quali la legge riconosce questa facoltà. L’articolo 10 della legge 392/1978 (comma 1) attribuisce al conduttore il diritto di voto, al posto del proprietario, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria; inoltre dispone (comma 2) che il conduttore ha diritto di intervenire, senza diritto di voto, nelle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni. Per effetto di questa norma, però, il rapporto di locazione e quello di condominio non interferiscono tra loro: si stabilisce, piuttosto, il diritto di intervento del conduttore in luogo del proprietario locatore essenzialmente a tutela dei propri diritti ed interessi, potenzialmente contrapposti a quelli di quest’ultimo. Secondo la Giurisprudenza si tratterebbe solo di una sostituzione legale del conduttore al locatore, correlata all’incombenza dell’onere delle relative spese (articolo 9 L 392/1978), quindi rilevante unicamente all’interno del rapporto contrattuale tra locatore e conduttore, senza cioè alcun rilievo per il condominio (Corte di Cassazione sentenza n. 4802/92). Questo principio cambia con la riforma del condominio. Attualmente, si ritiene infatti che l’amministratore deve necessariamente convocare gli aventi diritto a partecipare all’assemblea di condominio, che altrimenti non può deliberare regolarmente. Poichè tra gli “aventi diritto” ci sono i conduttori, l’amministratore, nei casi individuati dall’art. 10 della legge n. 392/78 (solo in questi casi), deve convocare proprio i conduttori. D’altra parte, all’inquilino viene invece di fatto negato il diritto di partecipazione alle assemblee di supercondominio quando i condomini sono più di 60: in questo caso ogni condominio deve nominare un rappresentante per la partecipazione ad assemblee che deliberino in merito alla gestione ordinaria, tra cui rientra anche la modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria ove svolti con impianti “supercomuni”. Resta da chiarire se il conduttore non convocato o comunque dissenziente abbia egli stesso la legittimazione ad impugnare una delibera dell’assemblea di condominio. Da questo punto di vista, occorre affermare che la possibilità di impugnazione della delibera da parte degli inquilini è alquanto limitata: l’inquilino ha, infatti, certamente diritto di impugnare esclusivamente le deliberazioni che abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria: “al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame (art 10 L 392/78) non attribuisce all’inquilino il potere generale di sostituirvi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell’assemblea condominiale di nomina dell’amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo” (Cassazione sentenza n. 8755/93). Una posizione recentemente confermata, in termini più ampi, dalla giurisprudenza della Cassazione nella sentenza n. 13204/15 secondo cui in caso di annullabilità, l’impugnazione spetta ai soli condomini e non anche ai conduttori di un alloggio condominiale, pur essendo interessati dagli effetti della delibera stessa. Nella sentenza sopracitata la Cassazione precisa che l’eventuale difetto di quorum costitutivo e deliberativo, può essere fatto valere (solo) dai condomini assenti o dissenzienti con l’azione prevista dall’art. 1137 Cod. Civ. e non dall’inquilino che resta una parte terza estranea al condominio. La sostituzione del condomino locatore con il conduttore avviene del resto solo nel momento della votazione delle delibere e non in quello riguardante il processo della regolare costituzione dell’assemblea: è infatti al condomino locatore a cui occorre riferirsi ai fini del calcolo del quorum costitutivo della medesima. Il presidente dell’assemblea dovrà peraltro fare attenzione che la partecipazione dell’inquilino non delegato dal proprietario deve limitarsi alla discussione delle materie a cui la legge 392/78 gli attribuisce autonomo diritto di voto o di partecipazione: diversamente, si corre il rischio di porre in essere illegittime comunicazioni di dati personali di condomini. Il Garante per la privacy si è espresso in tal senso con il provvedimento del 18 maggio 2006. In conclusione: l’assemblea è un momento di effettiva partecipazione alla gestione ed è importante cogliere tale occasione per tutti coloro che vi hanno diritto e per lo stesso amministratore a cui è demandato il difficile compito di rendere effettivo tale esercizio di democrazia “diffusa”.