di Cesare Boldorini
Pubblicata il: 14 Aprile 2015
P er le modalità di applicazione e attuazione dei contratti a canone concordato, previsti dalla Legge sulle locazioni 431/98, l’ultimo Decreto del Ministero delle Infrastrutture è stato pubblicato nel 2003. Il Decreto riportava buona parte dei contenuti della Convenzione Nazionale sottoscritta il 6 settembre 2002 fra le Associazioni della Proprietà e i Sindacati degli inquilini. In sede di sottoscrizione dei previsti accordi territoriali, che stabiliscono i criteri e i canoni da applicare, problematiche sostanziali, con riferimento al Decreto, non ne sono sorte. Semmai c’è da lamentare, in alcune città, l’adozione di canoni concordati poco competitivi rispetto al libero mercato, e di conseguenza il disinteresse dei proprietari ad adottare il canale agevolato. Anche, e non solo, per questo, sarebbe opportuno procedere alla definizione di una nuova Convenzione nazionale, che non stravolga l’attuale impianto ma tenda a meglio definire i punti critici emersi nell’esperienza acquisita. In primo luogo, occorre definire, negli accordi locali, modalità di asseverazione e certificazione dei contratti da parte delle organizzazioni firmatarie. La proposta, da definire nell’operatività, non è finalizzata soltanto a riconoscere il ruolo delle Associazioni in questo specifico comparto delle locazioni, ma a garantire, anche di fronte al fisco, l’applicazione corretta degli accordi territoriali, evitando ripercussioni negative sul canale concordato nel caso in cui risultassero usufruire di agevolazioni fiscali contratti non aderenti alla legge (sia nella modulistica, sia nel livello dei canoni). In secondo luogo, vi è necessità di rendere meno rigida l’applicazione dei contratti transitori in quei casi in cui la transitorietà sussiste ma non è documentabile. Ci riferiamo, ad esempio (ma non è l’unico), al caso di un appartamento lasciato in eredità, per il quale gli eredi devono ancora presentare la dichiarazione di successione e quindi decidere se venderlo o utilizzarlo in altro modo: nelle more della decisione hanno transitoriamente necessità di ricavarne un reddito, sia per coprire le spese condominiali, sia l’incidenza dell’Imu e di altre tasse. A livello più strettamente regolamentare, occorre indicare i criteri a cui attenersi per la stipula di contratti agevolati per porzioni di appartamento. L’affitto di singole stanze, a volte, si rende necessario ed è preferito dai proprietari, vuoi per la difficoltà a reperire contestualmente più inquilini (lavoratori o studenti), sia per evitare insofferenza alla solidarietà in caso di recesso anticipato di un solo inquilino. Nelle grandi città, convivono con le sedi universitarie numerose scuole di specializzazione tematica, a cui si accede soltanto con un diploma di scuola superiore. Questi studenti non hanno diritto al contratto transitorio per studenti universitari e non sempre trovano proprietari disposti a stipulare contratti agevolati triennali, tantomeno il contratto transitorio fino a 18 mesi che, trattato fiscalmente come un contratto libero, in cedolare secca ricondurrebbe anche gli altri contratti all’aliquota del 21%. Sarebbe opportuno estendere il contratto transitorio per studenti universitari anche a coloro che frequentano corsi di formazione professionale, pur non collegati ad Istituti riconosciuti dal Miur. Sarebbe superfluo sottolineare che hanno diritto al contratto transitorio per studenti universitari, anche gli studenti stranieri ed extracomunitari che hanno residenza (i secondi per motivi legati al rilascio del permesso di soggiorno) nella città ove si trova la sede universitaria, ed anche gli studenti italiani, nelle stesse condizioni, che però risultano a carico dei genitori residenti in altra città. Occorre, altresì, perché è spesso motivo di equivoco, precisare che lo status di studente universitario fuori sede non è strettamente collegato alla detrazione del 19% a favore dei genitori a condizione che residenti ad almeno 100 km dall’ Università. Queste, per grandi linee, alcune delle proposte tendenti a meglio puntualizzare l’applicazione dei contratto agevolati, senza trascurare una migliore definizione e composizione delle Commissioni di conciliazione, il ruolo delle Agenzie per le locazioni e l’applicazione del canale concordato anche all’housing sociale. In questo momento, con la cedolare secca al 10%, in tutti i Comuni ad alta tensione abitativa c’è richiesta dei proprietari per l’adozione o la revisione degli Accordio territoriali. Una nuova Convenzione nazionale, e conseguentemente un aggiornamento del Decreto Ministeriale attuativo, potrebbe rilanciare il canale concordato, a vantaggio di tutte le parti in causa.