di Maria Carmen Consolini
Pubblicata il: 13 Ottobre 2015
Come si ricorderà, il D.L.vo n.23/2011 (all’art.3 commi 8 e 9) aveva previsto gravi sanzioni per il locatore in caso di mancata registrazione del contratto nei termini di legge (30 giorni), con l’intento dichiarato di scoraggiare la stipula di contratti di locazione in nero. La norma in questione prevedeva la possibilità per il conduttore di denunziare all’Agenzia delle Entrate l’irregolarità della registrazione e ottenere così un contratto di locazione ex novo con durata pari a 4 anni + 4 anni e un canone di locazione estremamente ridotto, pari cioè al triplo della rendita catastale. Con la sentenza n.50/2014 del 14.03.2014 era intervenuta la Corte Costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionale, e quindi caducato completamente, la norma in questione. Senonché, appena due mesi dopo, la legge n. 80/2014 del 23.05.2014 di conversione del d.l. n. 47/2014, modificandone l’art.5 e introducendo il comma 1 ter, faceva salvi fino alla data del 31 dicembre 2015 (cioè per 21 mesi) tutti gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi di quell’art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011 che la Corte Costituzionale aveva appena soppresso. Noi criticammo aspramente un simile provvedimento (si veda l’articolo sul n. 2/2014 di questa rivista, a pag. 9), che ritenevamo illegittimo perché contrario al dettato costituzionale. Recentemente la Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta sulla questione e ha confermato la fondatezza di quanto da noi sostenuto. Con la sentenza n. 169/2015 del 16.07.2015 ha dichiarato l’incostituzionalità anche di tale norma, affermando che al legislatore è vietato “mantenere in vita” o prorogare l’efficacia di norme dichiarate incostituzionali, norme che, ai sensi dell’art. 136 della Costituzione, non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione d’incostituzionalità. A questo punto, quindi, a meno che il legislatore non intervenga nuovamente in questa materia (e ci si augura fortemente di no!), si è tornati alla situazione preesistente all’emanazione dell’art.3, commi 8 e 9, del D.L.vo n.23/2011, essendo stati ora eliminati anche quegli effetti che erano sopravvissuti in virtù della legge ora dichiarata incostituzionale. Ma cosa succederà in concreto ai rapporti caduti sotto la mannaia della norma poi dichiarata incostituzionale? Anche gli addetti ai lavori al momento non sembrano avere le idee chiare sul punto, anche perché questa perniciosa alternanza tra leggi e dichiarazioni di incostituzionalità fa sorgere un bel po’ di dubbi, soprattutto in relazione ai diritti quesiti dei conduttori. In sostanza, posto che il contratto registrato d’ufficio ai sensi del famigerato art. 3 del D.L.vo n.23/2011 non esiste più, e con esso è venuto meno anche il canone pari al triplo della rendita catastale, il locatore potrà ora pretendere dal suo inquilino il canone precedentemente pattuito? E da quando? Dal giorno successivo alla prima pronuncia della Corte Costituzionale (cioè dal 15.03.2015), da quello successivo alla seconda pronuncia o addirittura chiedere gli arretrati fin dall’inizio? A queste domande sicuramente verrà data risposta in sede giudiziale, perché è evidente che le varie situazioni concrete creeranno controversie tra le parti che saranno portate nelle aule giudiziarie. A parere di chi scrive, occorre fare prima di tutto una distinzione, a seconda che il contratto originario sia stato stipulato in forma scritta o solo verbale. Se si è in presenza di un contratto ora le, esso dovrebbe ritenersi nullo ai sensi della L.431/98, che richiede la forma scritta ab substantiam, cioè per la sua validità. Conseguentemente il proprietario dovrebbe poter agire nei confronti dell’occupante senza titolo al fine di ottenere il rilascio dell’immobile e il risarcimento per il godimento dello stesso. In proposito si è espressa recentemente la Suprema Corte con la sentenza n. 18214 del 17.09.2015 emessa a Sezioni Unite, che ha confermato che i contratti di locazione orali sono nulli alla stregua di quanto disposto dalla L. 431/98, fatta eccezione, però, per il caso in cui la forma orale sia stata imposta dal locatore e subita dal conduttore contro la sua volontà, nel qual caso il contratto viene fatto salvo ai sensi dell’art.13, comma 5 della L.431/98 con riduzione del canone libero a canone concordato. Però, ha precisato la Corte, “l’onere di provare che la forma orale è stata imposta dal locatore grava sull’inquilino”, prova sicuramente non facile da fornire da parte del conduttore. Nel caso, invece, in cui il contratto sia stato stipulato per iscritto (e naturalmente non sia stato registrato o sia stato registrato tardivamente), le cose si complicano, perché la giurisprudenza ha espresso in merito pareri piuttosto contrastanti e non vi sono ancora pronunce della Suprema Corte sul punto. Va precisato che il problema nasce dalla mancata o tardiva registrazione del contratto scritto, posto che l’art. 1, comma 346, della L. 311/2004 (legge finanziaria) sancisce che “i contratti di locazione (…) comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. Questa norma è ancora in vigore, nonostante sia stata a suo tempo sollevata la questione della sua incostituzionalità, questione però respinta perché mal posta. Per cui la registrazione è tuttora condizione di efficacia del contratto, indispensabile ai fini della promozione di procedure di sfratto. Sostanzialmente, le posizioni della giurisprudenza di merito, pur con diverse sfumature, sono sostanzialmente tre:
• Nullità sanabile del contratto con registrazione tardiva ed effetti “ex tunc” (cioè dalla sua stipula). In base a questa tesi il contratto può essere registrato in qualsiasi momento, spiegando i suoi effetti sin dall’inizio. Ciò comporterebbe per il locatore la possibilità di chiedere il canone pattuito fin dall’inizio della locazione.
• Nullità sanabile del contratto con registrazione tardiva ed effetti “ex nunc” (cioè dal momento della registrazione del contratto). Ciò comporterebbe che il locatore potrebbe pretendere il canone non percepito solo dall’avvenuta registrazione.
• Nullità radicale del contratto, non sanabile nemmeno con registrazione tardiva. Questa soluzione accomuna il contratto non registrato a quello verbale, per cui le conseguenze sono quelle di cui sopra. Per concludere, si può solo dire che la confusione è grande sotto il cielo! Solo con il tempo (e le pronunce dei giudici) potremo fare un pò di chiarezza sulla questione.