di Antonio Romano
Pubblicata il: 13 Gennaio 2015
I l “consiglio di condominio” ha una storia lunga: si tratta di un istituto previsto per la prima volta nel Regio DL 56 del 15.01.1934 poi convertito nella L 10/1935 che rappresenta la prima organica e articolata regolamentazione del fenomeno condominiale in Italia. In tale risalente norma, ovviamente non più in vigore, l’art. 16 prevedeva che, nei condomini numerosi, l’amministratore fosse coadiuvato da un consiglio composto da almeno due membri, scelti tra i partecipanti al condominio. Tale consiglio aveva poteri consultivi, di controllo e di conciliazione delle vertenze tra condomini. Lo stesso art. 16 prevedeva che i regolamenti di condominio potessero affidare al consiglio di condominio altre attribuzioni tra quelle riservate all’amministratore, anche se al medesimo consiglio non potevano essere attribuite funzioni di amministrazione attiva. Il Codice Civile del 1942 non ha più riportato la figura del consigliere di condominio, ma tale figura è sopravvissuta e la si trova spesso prevista nei regolamenti di condominio. La nomina di uno o più consiglieri è peraltro considerata prassi abituale anche nei casi in cui non vi è un regolamento di condominio che preveda tale organismo. Il consigliere, più spesso più di uno, assume i compiti che gli vengono attribuiti dal regolamento di condominio o dall’assemblea. La riforma del condominio introduce nel Codice Civile e quindi reintroduce nel nostro ordinamento la figura del consigliere. In effetti, l’art. 1130 bis Cod Civ dispone che “l’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno 3 condomini negli edifici di almeno 12 unità immobiliari”. La norma chiarisce che il consiglio di condominio ha “funzioni consultive e di controllo”. La figura del consigliere è contenuta in un articolo che tratta più ampiamente quella che potremmo definire “trasparenza amministrativa”: lo stesso art. 1130 bis Cod Civ dettaglia le caratteristiche del rendiconto, introduce la nota sintetica esplicativa della gestione e la figura del revisore dei conti condominiale. Completa il quadro l’affermazione esplicita del diritto dei condomini (ed anche degli inquilini) all’accesso ai documenti giustificativi di spesa, in ogni tempo, quindi anche al di là del contesto assembleare. La riforma del condominio non conferisce poteri particolari ai consiglieri, lasciando la loro area di competenza abbastanza indefinita: la previsione di funzioni genericamente “consultive” e di “controllo” corrisponde del resto alla prassi della vita condominiale. Molto spesso, infatti, l’istituzione di tale organo collegiale risponde alla necessità di dare un supporto all’amministratore nello svolgimento del proprio mandato, coadiuvandolo e svolgendo un importante raccordo tra lo stesso e i singoli condomini, talvolta facendo da “filtro” alle singole proposte o lamentele. D’altra parte, il consiglio di condominio può svolgere una funzione consultiva e di stimolo anche in favore dell’assemblea, manifestando pareri sui vari aspetti della vita condominiale ovvero controllando che la gestione condominiale e il relativo operato dell’amministratore vengano effettuati nel pieno ed esclusivo interesse della comunità dei condomini. Tra i compiti che il consiglio di condominio spesso assume, uno tra i più frequenti ed importanti riguarda la verifica delle voci di spesa che compongono il rendiconto condominiale: tutti i condomini, peraltro, possono svolgere questa attività di controllo contabile, ma, in pratica, per una serie di motivi, sono proprio i consiglieri che si incaricano dell’esercizio di questo diritto di controllo dell’operato dell’amministratore. I consiglieri, inoltre, possono concordare con l’amministratore l’ordine del giorno delle assemblee, seguire i lavori in corso e segnalare immediatamente eventuali ritardi o omissioni. L’amministratore, dal canto suo, spesso sfrutta le competenze dei consiglieri in sede assembleare. In caso di lavori urgenti, inoltre, l’amministratore si confronta con i consiglieri prima di dare corso autonomamente ai lavori: quando l’intervento sarà riferito in assemblea, come prevede la legge, l’amministratore si presenterà in quel contesto forte del consenso del consiglio. Può accadere che l’assemblea decida di effettuare dei lavori di manutenzione, votando l’impegno di spesa ma demandando all’amministratore la scelta della società appaltatrice. Al fine di aiutare il professionista nella scelta della stessa è possibile che tale attività venga demandata ai consiglieri. In questo caso, la firma del contratto di appalto spetta sempre all’amministratore come previsto dall’art 1130 Cod Civ, ma il supporto del consiglio sarà stato utile nel dare all’assemblea garanzie di una scelta corretta e trasparente. Occorre considerare con grande cautela questa possibilità, perché la Magistratura non ha manifestato un orientamento univoco. La sentenza della Corte di Cassazione n. 10937 del 11.07.2003 ha ammesso che non deve essere presa all’unanimità dei condomini la delibera che deleghi all’amministratore la facoltà di scegliere egli stesso la ditta esecutrice di lavori condominiali. Questa previsione sarebbe applicabile anche ai casi, più frequenti, in cui la delega venga conferita ad una commissione, normalmente proprio il consiglio di condominio, che, valutati diversi preventivi, scelga quello ritenuto migliore. Il problema è che, essendo l’approvazione delle spese una competenza esclusiva dell’assemblea, è ipotizzabile una carenza di potere di quest’ultima a delegare detta funzione ad organi diversi, con la conseguente radicale nullità della delibera. In effetti, la più recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5130 del 06.03.07 esprime un diverso orientamento: secondo tale sentenza, il consiglio non potrà in nessun caso esercitare poteri attribuiti per legge all’assemblea. Pur ammettendo la nomina della commissione, la Cassazione in questa decisione esclude in modo categorico la possibilità di “delegare ai singoli condomini anche riuniti in gruppo, le funzioni dell’assemblea”. Sarà quindi opportuno che l’amministratore anticipi il momento del confronto con i consiglieri in relazione ai preventivi da sottoporre all’esame dell’assemblea, facendo in modo che l’assemblea si pronunci espressamente sul conferimento dell’appalto, come pure su altri aspetti rilevanti, come, ad esempio, il cadenzamento dei pagamenti all’impresa, il cadenzamento delle rate condominiali a copertura delle spese (in ossequio ora al nuovo art. 1135 comma 1 n 4 che prevede il fondo speciale per i lavori di manutenzione straordinaria e per le innovazioni), il conferimento dell’incarico di direttore dei lavori ed altri. Relativamente al quorum richiesto per la nomina dei consiglieri, la deliberazione può essere adottata, in seconda convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio, non essendo prevista dalla legge una maggioranza specifica, come accade, invece, per la nomina dell’amministratore. Prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio, ove il regolamento condominiale non prevedesse la presenza di questo organo, era necessario deliberarne l’istituzione con una delibera assunta con la stessa maggioranza necessaria per la modifica del regolamento: quindi con il voto favorevole della maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno 500/1000. Ora però la circostanza che la nomina dei consiglieri sia prevista direttamente dal Codice Civile, conduce ad affermare che tale passaggio formale non sia necessario e che la semplice nomina dei consiglieri in assemblea con la minima maggioranza deliberativa sia sufficiente. Il numero dei componenti del consiglio è stabilito dall’assemblea, ma in caso di condomini con almeno 12 unità immobiliari, secondo l’espresso dettato legislativo, non può essere inferiore a 3. Il testo del Codice Civile è, in vero, piuttosto ambiguo: il testo dell’art. 1130 bis Cod Civ ultimo comma dispone infatti testualmente: “L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.” Tale norma è stata letta da alcuni nel senso che non vi possa essere un consiglio di condominio ove le unità immobiliari siano meno di dodici. Si tratta, però, di un’interpretazione discutibile. L’assemblea ben potrà disporre la nomina di consiglieri, avendo cura di nominarne almeno tre se il numero delle unità immobiliari (non dei condomini) è superiore a undici. Su un punto invece la norma si esprime chiaramente: considera infatti che il consiglio di condominio debba essere composto da condomini e quindi proprietari di unità immobiliari nell’edificio in condominio. In assenza di diverse indicazioni nel regolamento contrattuale di condominio, dovremmo quindi ritenere, applicando la normativa vigente, che i consiglieri debbano essere scelti tra i condomini e non possa quindi essere nominato consigliere un soggetto estraneo. In conclusione, per ragioni di cui sopra, si può affermare che, dal punto di vista dei proprietari di unità immobiliari in condominio, la nomina dei consiglieri può essere ritenuta un vantaggio. È necessario, però, ricordare che l’amministratore riceve il mandato dal condominio nel suo complesso e quindi deve rendere conto del suo operato a tutti i condomini, i quali tutti hanno diritto a contattare l’amministratore, avere da questi chiarimenti, segnalare problematiche di vario genere di interesse condominiale. Il buon amministratore dovrà quindi fare attenzione a considerare i consiglieri una risorsa, ma deve tenere bene a mente che tutti i condomini sono suoi committenti e che la legge e la giurisprudenza non consente che il consiglio di condominio finisca con l’esautorare l’assemblea: ogni proprietario dovrà quindi avere cura del proprio diritto a partecipare alle decisioni che riguardano l’immobile nel suo complesso. D’altra parte, per l’amministratore, vale la considerazione che costruire con i consiglieri un rapporto di reciproca fiducia e rispetto professionale e personale è importante, ma dovrà fare attenzione a ricordare che il solo rappresentante legale del condominio è proprio lui e che solo lui stesso ha la responsabilità della corretta gestione del condominio da tutti i punti di vista. In ultimo, occorre ricordare che è importante che i condomini non abbiano la sgradevole impressione di trovarsi di fronte ad una sorta di “comitato di affari”, per cui possano ritenere che il supporto all’amministratore da parte dei consiglieri sia conseguente a benefici economici per i medesimi o per i loro sodali: anche da questo punto di vista è opportuno che la comunità dei condomini abbia cura del proprio diritto alla corretta partecipazione alla gestione al condominio nei termini di legge; l’alternanza tra i condomini nella funzione di consigliere dovrebbe essere considerata con attenzione e ritenuta una buona prassi.