La ripartizione delle spese condominiali deliberate ed eseguite dopo la vendita

di Vittorio Sardini

Pubblicata il: 15 Settembre 2018

Nel caso di alienazione di un immobile facente parte di un condominio, in mancanza di accordo tra venditore e acquirente e nel silenzio della legge, si pone il problema della determinazione del momento di maturazione dell’obbligo di contribuzione alle spese condominiali deliberate ma eseguite dopo la compravendita, problema che solo recentemente la giurisprudenza sembra aver risolto.

L’obbligazione di corrispondere i contributi relativi ai beni e servizi comuni va qualificata propter rem perché nasce come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni (cfr. Cass. 6323/2004).

Il condomino è tenuto a contribuire nella spesa in considerazione del fatto che è proprietario di una porzione immobiliare facente parte del condominio.

Tale obbligazione è definita “ambulatoria”, nel senso che si trasferisce automaticamente alla titolarità del bene senza bisogno di una previsione espressa.

Il principio dell’ambulatorietà ha riscontro nella norma dell’art. 63, comma 2, Disp. Att. c.c., la quale dispone che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente (il subentro va correlato all’atto di compravendita). La giurisprudenza si è divisa in un duplice binario interpretativo.

Secondo un’opinione giurisprudenziale (meno recente) il proprietario venditore è tenuto al pagamento delle spese deliberate quando era ancora proprietario.

Secondo una diversa opinione (più recente) l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione deriva non dalla preventiva approvazione della spesa ma dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione e sorge quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta, senza che rilevi la data della delibera di approvazione dell’opera, avente funzione meramente autorizzativa del compimento dell’attività di gestione da parte dell’amministratore.

L’ultimo orientamento giurisprudenziale (Cass. 15309/2011) ritiene necessario distinguere tra spese per manutenzione ordinaria e spese per interventi di manutenzione straordinaria e innovazioni rilevanti.

Secondo questa opinione, nel primo caso (spesa necessaria alla manutenzione ordinaria) la nascita dell’obbligazione coincide con il compimento effettivo dell’attività gestionale da parte dell’amministratore nelle cui attribuzioni rientra “erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni” (art. 1130 cod. civ., n. 3) e non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea condominiale (ma soltanto l’approvazione in sede di consuntivo), trattandosi di esborsi dovuti a scadenze fisse e rientranti nei poteri attribuiti all’amministratore.

Nel secondo caso, cioè per le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni che devono invece essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.

In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore ma direttamente dalla delibera dell’assemblea.

Ne consegue che allorché siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti nei rapporti interni tra alienante ed acquirente, è tenuto a sopportare i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea; di conseguenza, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al Condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 Disp. Att. c.c.

Tale soluzione rappresenta il punto di arrivo di un ragionamento complessivo ispirato a coerenti principi di natura generale e di carattere sistematico che ha il pregio di operare una distinzione tra le tipologie di spese in rapporto agli obblighi dei condomini che in precedenza non era stata mai opportunamente approfondita.

In ogni caso, un accordo tra acquirente e venditore è opportuno anche con riferimento alle detrazioni fiscali relative alle spese straordinarie condominiali, considerato che se nel rogito nulla viene stabilito, la detrazione passa automaticamente a favore dell’acquirente anche se le spese vengono sostenute dal venditore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vittorio Sardini – Avvocato dal 1987, con studio a Bologna Strada Maggiore 29 – Palazzo Bonfioli Rossi. Esperto di diritto immobiliare. Membro del Comitato revisione Raccolta Provinciale Usi nella compravendita e nella locazione Prov. di Bo c/o C.C.I.A.A. di Bologna. Arbitro presso la Camera Arbitrale e Conciliazione Camera di Commercio di Bo per controversie in materia di locazione e condominio. Docente corsi propedeutici per Amm. condominiali ASPPI-Sesamo. Relatore Convegni Formazione Decentrata Consiglio Superiore della Magistratura in materia di condominio. Relatore ai convegni e docente ai corsi di aggiornamento giuridico Fondazione Forense Bo dal 2009 al 2013 in materia di locazione e condominio. Componente gruppo locazioni Osservatorio Giustizia Civile di Bologna. Consulente ASPPI dal 1987.

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