Il Piano Casa diventa legge

di di Paolo Castaldi

Pubblicata il: 14 Aprile 2014

L’approvazione della Legge di conversione del Decreto n. 47/14 (misure urgenti per l’emergenza abitativa), rappresenta una novità importante rispetto agli interventi frammentari e disorganici approvati negli ultimi anni sui temi dell’abitare.
In molti punti del provvedimento vi è il segno di una iniziativa nei confronti di Governo e Parlamento che ha visto Asppi fra i protagonisti, assieme ad altre forze sociali. Naturalmente non mancano i punti critici o negativi che non rinunciamo a sottolineare.
È importante, innanzitutto, che si cominci a prendere atto della vastità e della profondità del disagio abitativo e ad esso si cominci a rispondere utilizzando una gamma vasta di strumenti: dal sostegno all’affitto, alla lotta all’illegalità; dal recupero di patrimonio abitativo pubblico non utilizzato alla crescita dell’edilizia sociale. In particolare, la Legge:
• rilancia il ruolo dei contratti a canone concordato nei comuni ad alta tensione abitativa con l’abbattimento della cedolare secca al 10% per i prossimi 3 anni e la possibilità di realizzare questi contratti anche nei comuni che negli ultimi 5 anni hanno subito calamità naturali.
• rifinanzia il fondo sociale previsto dalla Legge 431, fortemente depauperato negli ultimi anni, incentivando le iniziative dei comuni e delle agenzie della casa volte a recuperare immobili da privati e a favorire l’eventuale rinegoziazione dei contratti;
• rifinanzia e precisa in modo più puntuale il ruolo del fondo per la morosità incolpevole, indicando come le somme stanziate debbano garantire la copertura della morosità dovuta al locatore e prevedendo anche la possibilità di un diretto trasferimento dei fondi al locatore;
(Il Decreto Ministeriale recentemente

emanato per regolare gli interventi di questo Fondo ha poi dissipato molti dubbi che ne accompagnavano la nascita precisando i casi specifici ed inderogabili che caratterizzano la morosità incolpevole ed i limiti entro i quali i Prefetti possono graduare l’esecuzione degli sfratti, circoscritti ai casi segnalati dai comuni e per i quali è stato erogato il contributo al termine di una procedura che coinvolge anche il locatore)
• dispone la riprogrammazione di fondi non spesi per recuperare alloggi ERP che possono essere assegnati in tempi brevi;
• contiene misure di rilancio dell’edilizia sociale definendo in modo più preciso il concetto di edilizia sociale;
• prevede misure di contrasto all’occupazione abusiva di immobili (pubblici e privati) dichiarando nulli i contratti per le forniture di gas, luce, acqua, ecc.
Su queste ed altre misure la nostra Associazione ha espresso un giudizio positivo, sapendo che molte di esse, per esercitare effetti positivi, dovranno essere gestite nei territori e nei comuni, e richiedono perciò una forte presenza di Asppi e delle altre associazioni.
Sul piano nazionale questo provvedimento rappresenta il primo passo di una battaglia che deve continuare;
in particolare su tre temi:
• la dotazione finanziaria dei fondi è assolutamente insufficiente e va aumentata a fronte dell’ampiezza del disagio abitativo e della morosità;
• va riproposto il tema di un’aliquota IMU al 4 per mille per gli immobili affittati a canone concordato (suscita amarezza il fatto che una misura da noi proposta e sostenuta da tutti i gruppi parlamentari con il loro voto sia stata rigettata dal Governo e dalla Commissione Bilancio del Senato).

• va realizzata la revisione secondo un criterio di allargamento dell’elenco dei Comuni ad Alta Tensione Abitativa; revisione disposta dal Decreto e che dovrà essere realizzata dal CIPE (Asppi lavorerà affinchè l’elenco sia maggiormente inclusivo dell’attuale per allargare la platea dei contratti a canone concordato al maggior numero possibile di Comuni).
Desta invece la viva contrarità della nostra Associazione quanto contenuto al comma 1 ter dell’art. 5 che salva fino al 31 dicembre 2015 gli effetti giuridici di una norma cancellata dalla Corte Costituzionale già nel marzo scorso. Si tratta della norma che imponeva sanzioni abnormi ai locatori denunciati dall’inquilino per omissione o ritardo nella registrazione del contratto o che avevano registrato il contratto con valori inferiori al reale. Fatta salva la comprensibile esigenza di tutelare i conduttori per il periodo precedente l’emanazione della Sentenza, rappresenta un’assurdità giuridica e una sostanziale ingiustizia far sopravvivere gli effetti di una norma ormai inesistente per un lungo periodo di tempo (21 mesi dal deposito della Sentenza) nel quale il locatore vedrà ancora impegnato il proprio immobile ad un canone assolutamente risibile (il triplo della rendita catastale). Infine, desta perplessità l’impiego di risorse pubbliche destinate a sostenere l’acquisto di immobili ERP da parte degli assegnatari (che hanno già goduto ne gli anni di un forte sostegno pubblico). Più in generale, perseverare nella linea di svendita di una parte del patrimonio abitativo pubblico ci sembra in contrasto con le motivazioni gnerali di questo provvedimento.

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