Pubblicata il: 07 Maggio 2024
È stata approvata nella versione ormai definitiva la Direttiva Europea sulle “case green”.
L’attuale testo è frutto di un lungo negoziato che ha visto impegnati rappresentanti del Parlamento Europeo, degli Stati Nazionali, della Commissione Europa ( il cosiddetto trilogo). Ne è scaturita una Direttiva per molti aspetti diversa dalla iniziale pro- posta del Parlamento che aveva giustamente susci- tato forti apprensioni fra i proprietari immobiliari. Apprensioni che oggi risultano mitigate, sì, ma tutt’altro che scomparse soprattutto per la contraddizione che ancora è ben presente fra l’ambi- zione degli obiettivi (decarbonizzare il patrimonio edilizio entro il 2050) e la vaghezza circa le risorse e gli strumenti che l’Unione e i singoli Stati mette- ranno a disposizione per realizzare questi obiettivi. Le modifiche intervenute infatti (che sono senz’altro significative) non cambiano né la filosofia del- la Direttiva, né i suoi obiettivi: semmai assegnano maggiore gradualità e flessibilità al processo e soprattutto innovano su un punto essenziale: mentre la proposta iniziale poneva in capo direttamente ai proprietari di immobili gli obblighi che derivano dalla Direttiva, l’attuale versione pone questi obbli- ghi in capo agli Stati che, esercitando un certo grado di autonomia, decideranno come farvi fronte attraverso appositi Piani Nazionali.
Ma vediamo come cambia la Direttiva in alcuni punti essenziali rispetto alla proposta originaria:
RISTRUTTURAZIONI
La proposta iniziale prevedeva che gli edifici residenziali dovessero acquisire la Classe energetica E entro il 2030 e la classe D entro il 2033. L’obiettivo di riqualificazione indicato per gli edifici residenziali era l’elemento più penalizzante della vecchia proposta e giustamente è stato oggetto di radicale revisione. Nella nuova versione i paesi membri dovranno definire dei piani per la riduzione dei consumi del loro patrimonio edilizio residenziale. Il 2020 è considerato l’anno zero e il 2050 l’anno nel quale, a completamento del percorso, bisognerà avere un patrimonio edilizio a zero emissioni. Un primo step di questo processo prevede la ristrutturazione di almeno il 16% del patrimonio immobiliare individuato partendo dagli edifici più energivori.
Caldaie
La prima versione della Epbd indicava una tempistica stringente e ravvicinata che stabiliva il divieto dell’uso di caldaie a combustibili fossili per gli edifici nuovi o ristrutturati;
Nel nuovo testo, la data entro la quale arrivare al
bando completo è stata spostata in avanti, al 2040; il termine precedente era il 2035. Cesserà nel 2025 ogni forma di agevolazione per l’istallazione di caldaie a combustibili fossili, ma sarà possibile dare incentivi ai sistemi di riscaldamento ibridi, come quelli che combinano caldaie e pompe di calore.
EDIFICI NUOVI
Nella prima versione della direttiva si parlava di edifici nuovi, regolando gli edifici a zero emissioni (Zero energy buildings, Zeb). A partire da genna- io del 2026, l’obbligo sarebbe scattato per i nuo- vi edifici pubblici. Negli altri casi la scadenza era originariamente fissata al 2028. Nella nuova versione, Tutti i nuovi edifici residenziali e non resi-denziali dovranno avere zero emissioni “in loco” di combustibili fossili, a partire dal 1° gennaio 2028 per gli edifici di proprietà pubblica e dal 1° gennaio 2030 per tutti gli altri nuovi edifici, con possibilità di esenzioni.
ESENZIONI
La direttiva ha sempre previsto che, per alcune categorie di edifici, fosse possibile disapplicare i vin- coli. Queste esenzioni sono aumentate nei mesi.
Tra i pochi emendamenti votati alla proposta del 2023 c’era proprio un rafforzamento delle deroghe per gli immobili vincolati.
Nella versione definitiva potranno essere esentati immobili sottoposti a vincolo puntuale o a vin- colo di area, immobili religiosi, immobili tempora- nei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili della difesa e quelli sotto i 50 metri quadri.