Vendita degli immobili posti a garanzia dei mutui in caso di inadempienza del consumatore

di di Angelo Tumiati

Pubblicata il: 14 Marzo 2016

Mentre scriviamo infuria la polemica a proposito del Decreto Legislativo che recepisce i contenuti della Direttiva
Comunitaria 2014/17 in merito ai mutui relativi a beni immobili residenziali.
Per la verità il Decreto e la sottostante Direttiva contengono varie norme complessivamente utili per i consumatori
mutuatari, ma logicamente e giustamente il dibattito si concentra su quanto disposto dal comma 3, art 120-quinquiesdecies a proposito di inadempienza dei debitori.
In sostanza la norma prevede la possibilità di inserire nel contratto di mutuo una clausola in base alla quale dopo
un certo numero di rate non pagate, il creditore dispone direttamente la vendita dell’immobile, per ristorare il proprio credito, restituendo l’eventuale eccedenza. La vendita avverrebbe alle condizioni definite da un perito scelto
congiuntamente dalle parti.
In sostanza verrebbero escluse le procedure di carattere giudiziale oggi previste che, certo producono tempi lunghi
e deprezzamento degli immobili, ma sono state evidentemente stabilite come elemento di garanzia soprattutto per
la parte contrattualmente più debole.
In questi giorni, il Governo stesso, anche sulla base dell’allarme sociale provocato dalla norma, ha annunciato
robuste modifiche: portando da 7 a 18 il numero di rate non pagate come condizione dell’esercizio di questa
clausola, disponendo che i proventi della vendita estinguano tutto il debito (anche se inferiori al suo importo), intro
ducendo altri elementi di garanzia, come l’esclusione dei mutui già stipulati.
Ciononostante, anche in questo modo, non si supera l’obiezione di fondo: il rischio che ciò che è previsto come
una ‘possibilità’ destinata a tradursi in condizioni più favorevoli per la concessione del mutuo, si trasformi in un
obbligo di fatto per l’aspirante mutuatario: troppo grande è di fatto lo squilibrio esistente fra mutuatario e Istituto
di Credito che sarebbe addirittura incolmabile se tutte le principali banche concordassero una linea comune tesa
a fare dell’adesione a questa clausola una condizione necessaria per la concessione del mutuo. In questo caso, i
benefici per loro sarebbero certi, per i mutuatari assolutamente no.
Invitiamo il Governo a compiere ulteriori passi avanti in ordine alle garanzie da assicurare ai mutuatari e ad avviare
a livello Comunitario una riflessione ed un confronto che evidentemente finora sono mancati.
Pubblichiamo a fianco una nota del Sevizio Studi della Camera dei Deputati che entra nel merito dei presupposti
giuridici e degli effetti della norma proposta.

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