Locazioni non abitative: possibile il recupero delle imposte sui canoni non riscossi?

di Luigi Ferdinando Giannini

Pubblicata il: 17 Aprile 2014

L ’Agenzia delle Entrate nella circolare 11/E del 21 Maggio 2014 è intervenuta su questioni interpretative in materia di IRPEF e, tra le diverse questioni, ha fornito una risposta a proposito della “eventuale” possibilità di recuperare le imposte sui canoni non riscossi per gli immobili concessi in locazione per uso non abitativo. La questione è già stata affrontata da ASPPI in diverse occasioni: Assemblea Nazionale, Congresso, Stampa, audizioni in Senato nonché in ricorsi, tutt’ora pendenti in Commissione Tributaria, volti a tutelare i proprietari immobiliari. Appaiono di tutta evidenza delle discriminazioni, infatti, per i canoni non percepiti in relazione a locazioni ad uso abitativo, l’art. 8 comma 5 della legge 431/98, ha stabilito che gli stessi non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore e qualora dalla sentenza (procedimento di convalida di sfratto per morosità) si evince la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento del giudice, è riconosciuto al locatore un credito di imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti. Tutto ciò non vale per gli usi diversi ma attenzione se il locatore fosse un “imprenditore” ossia rientrante nel regime del reddito d’impresa, avrebbe la possibilità di recuperare le imposte pagate sul non percepito attraverso la detrazione del costo quale perdita per crediti ai sensi dell’art. 101 DPR 917/86, visto che la perdita risulta da elementi certi e precisi come la convalida di sfratto per morosità. È di tutta evidenza un vuoto nella normativa in relazione al quale ASPPI è non solo impegnata, ma determinata, affinché sia eliminata questa disparità di trattamento che costituisce anche palese violazione dell’art. 53 della nostra Costituzione in tema di capacità contributiva visto che tratta in maniera diversa le locazioni ad uso abitativo e quelle ad uso commerciale. Venendo alla recente circolare, appare interessante il richiamo della sentenza numero 362/2000 della Corte Costituzionale che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità Costituzionale dell’art. 23 (ora art. 26) del TUIR in quanto il sistema di tassazione che presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole dal momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto di locazione (dalla clausola risolutiva espressa ex art. 1456 C.C., alla risoluzione a seguito di diffida ad adempiere ex art. 1454 C.C., all’azione di convalida di sfratto ex artt. 657 e seg. del C.P.C….) e far “riespandere” la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basato sulla rendita catastale. Questa circolare è destinata ad entrare a pieno titolo nella disamina affrontata e certamente rappresenta un ulteriore elemento di discussione e se da una parte l’impegno di ASPPI è giungere ad una modifica legislativa, dall’altro si va avanti, purtroppo, nelle aule delle Commissioni Tributarie, perché ci si renda conto della palese ingiustizia in relazione alla quale a pagarne le conseguenze, in tutti i sensi, sono stati solo i proprietari immobiliari persone fisiche.

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